domenica 12 gennaio 2020

Proust - Kerouac - Modiano


Proust-Kerouac-Modiano

In principio fu Proust, che creò un gruppo di personaggi e volle raccontarne la storia in lungo e per esteso, mostrandone mutazioni ed evoluzioni nei decenni: essendo uno scrittore rivoluzionario sì ma per tante cose ancora classico, per fare ciò scrisse un mega romanzo in sette volumi.

Poi venne Kerouac, che raccontò le vite delle persone intorno a lui in vari romanzi separati ma che in fondo, per l’autore erano una storia sola (“La mia opera forma un unico grosso libro come quella di Proust, soltanto che i miei ricordi sono scritti di volta in volta. A causa delle obiezioni dei miei primi editori non ho potuto servirmi degli stessi nomi di persona in ogni libro. [...] non sono che capitoli dell'intera opera ch'io chiamo La Leggenda di Duluoz”) -e Proust viene apprezzato esplicitamente da Dean Moriartry in Sulla strada.

Infine venne Modiano, che più che della Francia occupata mi pare che da tanto tempo cerchi di ricostruire la sua vita e soprattutto quella delle tante, strane persone da lui frequentate (titoli come Ricordi dormienti o Dall’oblio più lontano illustrano bene questo suo filone) guardandole da punti di vista diversi, a volte in contrasto, con tante zone d’ombra: una frammentazione dei personaggi e della visione che è propria del ‘900.
Ecco, se Kerouac non ha potuto raccogliere i suoi romanzi rivedendoli per fonderli in un’opera sola, per Modiano è più semplice: basterebbe metterli accanto in un volume tipo i Meridiani e il grande libro della sua opera sarebbe pronto, senza bisogno di adattamenti.

lunedì 6 gennaio 2020

Il Joker: considerazioni sul personaggio e piccolissima guida alle storie principali


Io il Joker lo volevo morto, giuro. Lui e Bullseye (il nemico di Devil): sono un lettore semplice, io, se mi presenti uno come buono e uno come cattivo tifo per il buono; se articoli la questione ok, articolo anche io il giudizio; ma questi sono due stronzi maniaci che hanno ampiamente stufato, Joker dal 1940 Bullseye da un po’ meno (il 1976), hanno rotto: tanto non cambiano, restano quelli e non li salvi. Beccaria, tolleranza, rieducazione ok, ma se hai davanti un Simoncino di Dogman c’è poco da fare: prima provvedi e meglio è (te possino, Marcelli’…).
“Ma sono personaggi di carta, dai” mi si dirà, “poi ci sono le esigenze narrative, sono due personaggi potenti”: certo, certo, però raccontami una volta tanto che il male e sta gente dannosa te li puoi levare dalle scatole una buona volta, dammi l’ottimismo di potercela fare.
“Ma i fan li amano”: ho capito, ma esistono da decenni. Fai l’autore di fumetti? Ecco, lavora: inventati personaggi nuovi invece di riciclare sempre gli stessi per andare sul sicuro, e intanto dammi la soddisfazione di vedere ‘sti due fuori daico una volta per sempre (perché a un certo punto sembrava che ce l’avessimo fatta, poi qualcuno ha avuto la brillante idea di riportarli in vita).

Chiaramente, però, dopo il successo del film dedicato al ghignante nemico di Batman, che non ho visto ma voglio vedere presto, questa mia speranza è destinata a rimanere delusa.
E allora faccio una piccola lista delle storie fondamentali, per chi ha visto il film e non conosce il fumetto ma si è incuriosito. L’albetto di presentazione della prossima miniserie Batman/Dylan Dog ne presenta già due, provo ad ampliare. Non è una lista dettagliata, batmanologi preparati vi diranno di più, ma su queste indicazioni penso siano d’accordo tutti.

Iniziamo con la più bella: The Killing Joke, scritta da quel genio di Alan Moore e illustrata da Brian Bolland, uno con le mani d’oro. Disegnata con inquadrature già da film, è uno sguardo empatico verso il Joker che mostra anche che lui e il Pipistrellone hanno più di qualcosa in comune (ovvero che anche il “buono” tanto sano non è). Obbligatoria.

L’altra fondamentale è Arkham Asylum, scritta da Grant Morrison e disegnata da quell’altro maestro di Dave McKean. Qui si approfondisce il tema della precedente, cioè che l’ossessione per il crimine di Batman non è priva di aspetti di squilibrio e malattia.

Per avere però un quadro più generale io ricorrerei al primo volume di Arkham, una collana da edicola uscita qualche anno fa nella quale ogni numero era dedicato a un nemico diverso: il primo appunto è dedicato al ghigno malefico del nostro, e raccoglie storie di tutte le epoche: da quelle rozze e scure dei primi anni passando per il periodo in cui Batman era colorato, camp e centrato molto su Robin, prima che Neal Adams a inizio anni ’70 e soprattutto Frank Miller nel 1986 facessero tornare il personaggio ad atmosfere cupe, noir e ossessionate. Una panoramica che funziona come quadro generale e che sfoggia in copertina un disegno clamoroso sempre di Bolland.

L’ultimo consiglio riguarda qualcosa di meno noto. È una storia in 4 parti apparsa negli anni ’90 sulla testata Legends of Dark Knight, quella dedicata alle storie “d’autore”, e racconta un Joker che prova a tornare “normale” oltre ad approfondire di nuovo la questione che Joker e Batman in qualche modo dipendono l’uno dall’altro.
Si chiama Going Sane, “diventare sano” che però suona anche come “diventa pazzo” (go insane) ed è opera di J. De Matteis, un autore spesso bravo ad approfondire le psicologie, mentre i disegni NON sono al livello delle altre opere citate. Dopo una vecchia edizione italiana, è stata ristampata da poco col titolo Joker: Guarigione.

Poi ce ne sarebbero altre, tipo quella in cui, dopo aver ucciso il secondo Robin, Joker diventa ambasciatore all’ONU di un paese arabo (ebbene sì…) (Morte in famiglia) o quella in cui non ricordo se Batman o Gordon a un certo punto perde la pazienza e gli spara a un ginocchio, oltre a ricordare che - a proposito di inventare nuovi personaggi - quello “recente” più iconico e riuscito, ossia Harley Quinn, nasce in stretto legame col Joker; ma per ora teniamoci su queste.

Buona lettura

sabato 4 gennaio 2020

Immondizia


Io lo so che l’inquinamento è come l’evasione fiscale, cioè che quello/quella che fanno le grandi aziende e i grandi gruppi economici è molto più grave rispetto a quello/a dei singoli, dei privati ed è quello su cui bisogna lavorare davvero; ma anche questo non è secondario, a mio parere, specie per l’inquinamento da rifiuti.
Io vivo a Viareggio,e  fino a poco tempo fa nel mio quartiere non avevamo il porta a porta ma i cassonetti. Siccome il generico (o indifferenziato) lo ritiravano solo nel weekend, di solito la domenica mattina raccoglievo tutta l’immondizia e con mia figlia, che si divertiva a buttare il vetro nella campana per sentire il rumore del vetro che si infrangeva*, andavamo ai secchioni  a liberarcene.
In quell’occasione potevo quantificare il volume di immondizia che producevamo.
Di generico/indifferenziato avevo un sacchetto; rispetto a quello, la plastica era due volte e mezza/tre volte tanto, la carta una e mezza/due, mentre organico, vetro ed alluminio messi insieme facevano l’equivalente di mezzo sacchetto di generico.
Questo significa che differenziando io riducevo a circa un 1/6 l’immondizia che finiva nella discarica o negli inceneritori, significava ogni settimana l’equivalente di circa 5 o 6 sacchetti in meno.
Teniamo conto che a Viareggio ci sono 60.000 abitanti, e la famiglia media è di 3 persone: 20.000 famiglie tipo la mia, dunque, più città e paesi dei dintorni e gli esercizi commerciali (ristoranti, supermercati, alberghi, negozi vari). Riciclare, differenziare i rifiuti significa quindi almeno 5 sacchetti moltiplicati per ventimila in meno nelle discariche, solo di famiglie, solo a Viareggio, ogni settimana.
Per cui ok le grandi industrie, gli scarichi, i depuratori: ma anche il riciclo individuale non mi pare trascurabile, manco per niente.

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* Che nella mia famiglia si chiama “Scocciareccia” (“rumore di cocci”, nel senso di oggetti di vetro o di porcellana che si scontrano, che si rompano o meno).

venerdì 3 gennaio 2020

Trump e il cecchino incapace


Non ricordo più dove ho letto una barzelletta, che mi pare russa, ambientata nelle trincee della prima guerra mondiale. Faceva così:

Un ufficiale va a a ispezionare le trincee e chiede com’è la situazione.
- Tutto bene signore, a parte un cecchino nemico che tiene sotto tiro le nostre postazioni.
- Ah, perbacco. È un bravo cecchino? Ci ha causato molte perdite? - chiede il generale.
- Nossignore: è un incapace totale, ha una mira pessima, rispondono i soldati.
- E allora perché non ve ne siete liberati?
- Perché se lo uccidiamo il nemico lo sostituirebbe con uno bravo; invece, finché c’è lui non corriamo rischi.

Ecco, l’elezione di Trump l’avevo interpretata così: invece di una guerrafondaia esperta e preparata come la Clinton, ritenevo che fosse meglio un fanfarone che abbaia ma poi viene ricondotto alla ragione, uno che qualsiasi cosa dica riceve critiche, uno che minaccia casini ma poi interviene Putin che se lo rigira come vuole (tu guarda se uno deve apprezzare un destro del KGB come paciere…) e alla fine le cose si placano.
L’unico motivo per cui Trump (che comunque ha preso il 25% dei voti ed ha vinto solo per le storture del sistema elettorale americano) è lì, è questo: un incompetenza che limita i danni, tanto a portare avanti le cose ci pensano le strutture dirigenziali dei ministeri.
Se però mi combini casini come questo recente con l’Iran, allora… e su, dai...
(la minaccia di bombardare i siti archeologici, poi, è da caricatura dell'americano ignorante e nazista).

I hope that yankees love their children too...

mercoledì 1 gennaio 2020

Marvel vs DC


(più di un anno di assenza... ops...)

È buffo: quando iniziò coi supereroi, la Marvel si distinse ed ebbe successo perché, rispetto agli “eroi giovani e belli” della DC, presentava “supereroi con superproblemi” e tra i buoni annoverava veri e propri mostri (Hulk, la Cosa, i reietti mutanti, mentre la supereroina per eccellenza della DC, per capirci, si chiamava Wonder Woman).

Poi però è stata la DC a fare la linea Vertigo di fumetti adulti e horror (d’altronde lo dice anche Bret Easton Ellis nel suo ultimo libro Bianco che i film horror facevano crescere);
e mentre la Marvel, dopo vari tentativi cinematografici non riuscitissimi, ha lanciato un fortunato cineuniverso fatto di apprezzati e coloratissimi - ma un po’ disneyani - kolossal, è stata la DC ad affidare il Batman del grande schermo a gente tipo Tim Burton e Christopher Nolan, a fare un film sui suoi due eroi più famosi ammazzandone uno alla fine, e a centrare due film (Suicide Squad e Joker) su criminali pesantemente disturbati, diventati cattivi a causa di traumi psicologici (e anche sociali) seri.
Le cose girano.