mercoledì 21 dicembre 2011

Dossier Monti


Mario Monti dopo Berlusconi,
come Pillonzi dopo Punzoni.

I toscani capiranno cosa vuole dire questo status che ho messo su FB un mesetto fa, agli altri mi limito a dire che è un modo non molto raffinato per dire che la situazione non è certo migliorata.
Non che avessi la palla di vetro, è che si era facili profeti a fare previsioni come questa, un mio status di pochi giorni dopo:


Che bello: il nuovo governo, pur essendo tecnico, ci darà il piacere di poter tornare a parlare di politica - cioè chiamandolo cricca di succhiasangue imperialisti e baciapile (quello che è):
fico, mi ero stufato di parlare di tribunali, barzellette e festini


Facili, sì: basta avere due nozioni di marxismo, una vaghissima idea di come va il mondo e tutto ciò non ti stupisce: ti inkazzi, ma non ti sorprendi, perché lo sai già.
E poi in caso ti soccorre Facebook, inesauribile miniera (specie se sei pieno di "amici" comunisti) di articoli che spiegano molto meglio ciò che intuivi solamente.
Ma non tutti hanno FB, e poi le cose scorrono, passano... così mi sono autocitato (sì, ok, partano le pernacchie), ma soprattutto ho raccolto qua i link a tutti gli articoli che ho condiviso riguardo al governo Monti, a partire dagli ultimi giorni di Sirvio - ossia da quando siamo passati da chi faceva ridere (ma anche un po' ribrezzo) a chi fa paura, e senza manco aver votato.
Nei siti che li contengono c'era anche altro, ma già per leggere questi ci vuole il tempo di un libro - corto, ma di un libro.

Partiamo da un simpatico paragone contenuto in uno status di

Paolo Ferrero:
Il governo che vogliono fare è tecnico come lo era quello Bolscevico dopo la rivoluzione del '17.
Nei due casi larga parte dei ministri arrivano dalla società civile, senza precedenti incarichi parlamentari. Quelli arrivavano dalla clandestinità, questi ci sono ancora, nella Trilateral e nel Bilderberg. Quelli arrivavano dalla galera e questi non ci andranno mai, perchè la speculazione è premiata. Una sola differenza: Quelli erano con i lavoratori e questi contro.

Poi:

Finale di partita:


questo è sulle pensioni, QUINDI sul governo Monti:

per questo bisogna essere iscritti a Facebook:

Robecchi:

Il grande Bifo:

Baciapile, appunto:

La ministra della Giustizia: diritto alla difesa per tutti ok, ma se li sceglie tutti lei?

Bollicine:

C'entra anche qui Monti, in qualche modo:

E se non paghiamo? Non il disastro che si pensa:

L'ineffabile Bersani:

La manovra:
Scanzi non sempre lo condivido, ma qui ha scritto un GRANDE articolo:

E il notevole Vladimiro Giacché:

Buona lettura, buon ritorno qui tra un anno per vedere cos'è successo e se c'era già scritto.

sabato 12 novembre 2011

Zaa - zu - ee - laaa...

Son presenze non simpatiche
i banchier dietro alle natiche,
però è cosa poco orrenda
veder fuor daico il cumenda;
tra un brindare e uno strombetto
non vi sia d'odio sospetto,
anzi auguri, Sirvio - horny,
cento a te di questi giorni!

giovedì 13 ottobre 2011

Mediocrity is the new cool?

È morto l'inventore del mio computer, ma penso di poter stare tranquillo anche nel caso dovesse rompersi: so che negli anni ha preso a bottega un sacco di gente, non dovrebbero esserci problemi.
Anche perché qualcuno ha messo in dubbio la sua capacità di inventore, sostenendo che di fatto non avrebbe inventato in realtà nulla, ma riciclato (comunque aveva 313 brevetti a suo nome: li avrà rubati tutti ai dipendenti o la gente apre bocca e gli dà fiato?) idee appunto dei ragazzi che aveva a bottega.
Io che seguo il rock'n'roll da decenni non ho alcun problema con questo: reinventare è la norma, e in certe situazioni il "come" non solo conta più del "cosa" ma lo diventa.

Stefano Impieghi, per certe cose, era come David Bowie: entrambi dotati di un fiuto soprannaturale per capire quali idee tra quelle che si aggirano nell'underground (o nei garage/piccole ditte del silicon world) abbiano un buon potenziale, nonché di una grande capacità di reinventarle per farle diventare di massa o di proporle alle masse prima che diventino lo standard; e una mira notevole per scegliersi i collaboratori da cui farsi aiutare nel processo.
È talento pure questo, e nemmeno piccolo.

Da lì a farne un Dio ce ne corre: mi vengono in mente gli Zen Circus quando si domandano come mai adesso vadano di moda cose, come il computer, che nel '93 ti facevano passare per sfigato.
Certo, il discorso "siate folli, siate affamati", a uno come me che scrive poesie demenziali e che tra università e precariato ha messo insieme circa 20 anni di cinghia praticamente ininterrotta, ovviamente non può che piacere; mentre da buon bolscevico, le notizie sul fatto che un capitalista come lui sfruttasse il lavoro sottopagato del Terzo Mondo non può sorprendermi, per niente.

E per continuare con i pro e i contro sarà anche vero che il Mac è un sistema chiuso, che non necessariamente tutti lo trovano più intuitivo e che se col computer devi solo navigare, scrivere e ordinare qualche foto va bene pure un pc;
ma è pure vero che obiettivamente funziona meglio, che i letterati non-informatici come il sottoscritto ci si barcamenano tranquillamente, che non ho praticamente dovuto mai installare un driver e che, come Bowie ai tempi d'oro (che sono la maggior parte di quelli in cui i dischi li faceva), quando Jobs buttava fuori certe idee poi erano tutti lì ad inseguire.
Detto questo, farne un dio no: su, dai, non si può.

Ammirare sì: il capo di una ditta informatica che col 10% circa del suo settore è quella che fattura di più (o giù di lì) lo ammiri, poche storie; e lo ammiri anche perché è tra i principali liberatori di quella tasca dello zaino che nei viaggi destinavi alle audiocassette prima e ai cd poi.
Venerarlo però, è obiettivamente troppo, su questo siamo d'accordo.

C'è una cosa però che mette più tristezza di chi venera un informatico accodandosi al tecnocentrismo cool della mentalità odierna.
No, non è chi compra Apple sentendosi figo: quella è gente che ha problemi con la realtà, visto che l'iPhone te lo dà in comodato d'uso qualsiasi gestore di telefonia mobile per una cifra impercettibilmente superiore a quella che ti costa l'adsl a casa e visto che ormai con un migliaio di euro ti porti a casa un signor iMac che al 95% della popolazione basta e stra-avanza per anni, visto che i sistemi meleschi sono piuttosto longevi
(i tempi del mac che costa tantissimo sono finiti da un pezzo: tablet e telefoni di altre ditte costano la stessa cifra, e i macchisti stessi ti dicono che quando il Mac costava tre volte tanto le valeva anche, e che ora i pezzi e i prezzi sono elettronica di consumo qualsiasi).

No, la cosa triste è il tentato fighettismo di certi "anti-macchisti", che è l'altra faccia allo stesso tempo della venerazione per il tecnoguru e dell' "apple-come-status-symbol" (sì: di consumista-bue): siamo lì.
Non è come l'amico che teorizza che se sai usare il computer le cose le fai bene pure col pc (non ho strumenti per obiettargli nulla né motivi per non credergli), o quello che ti dice, come ho detto prima, che per lui il Mac in realtà non è intuitivo, che è un punto di vista inobiettabile;
è che si risponde a superficialità con superficialità mascherata da sapienza superiore.


O no. In realtà costoro non stanno sbagliando bersaglio prendendosela ancora con chi si crede fighetto con l'apple (cosa erronea, come ho detto);
se insistono è perché ormai l'arte di tirarsela s'è aggiornata (pardon: apgreidata) anche lei, arrivando ad un livello meta-: si spregia la cosa "figa" per mostrarvisi superiori, come se il nuovo cool fosse appunto il dimesso, il mediocre.


Una tendenza, questa inseguita dai paladini dell'antimelismo, ben chiara nell'ambito del rock "indie" o alternativo; riguardo al quale si trova chi fa satira sugli ascoltatori di questo tipo di musica definendoli come snob, aspiranti fighetti con la puzza sotto il naso (i più triviali aggiungono anche "intellettuali" e "alternativi" con l'immancabile - per loro, che non concepiscono altro - aggettivo "finti", l'aggettivo-scorciatoia da 4 soldi per darsi l'aria di avere obiettivamente ragione): vedi il gruppo I Cani (ma pure Nick Hornby è lì lì).


Errato (e non solo perché chi fa questa satira non è certo estraneo a quel mondo, anzi).
Errato perché i veri raffinati, snob o meno, ormai mica vanno di punk carbonaro o di folk psico-dadaista: magari anche, ma il vero snob è quello che dopo anni di stranezze e ricercatezze rivaluta il pop, analizza armonicamente Rihanna, concede a Madonna, compra magari senza battere ciglio un Kylie Minogue (e nemmeno a torto, se becchi il disco in cui qualcosa lo scrivono i Chemical Bros. e qualcos'altro lo producono gli Scissor Sisters).
Tra il Barthes dei Miti d'oggi e il gusto del dozzinale (non solo dell'orrido), aiutati dal fatto che certe barriere tra ambiti culturali se le sono mangiate il postmoderno e la caduta del Muro, si costruisce la coolness dove non te l'aspetti - cosa sommamente cool.


Si potrebbe azzardare (a rischio di sberle ma via, azzardiamo) che tutto il movimento di apprezzamento e rivalutazione del cocktail-lounge-exotica dagli anni '90 in poi nascesse con questo spirito;
solo che lì riscoprivi Piccioni e Umiliani, Bacharach e Incredible Strange Music e come frutto ti ritrovavi i Pizzicato Five: non finivi certo a schierarti con Bill Gates.

giovedì 18 agosto 2011

Gabriella vs. Bryan

Questi due cantanti:



che cos'hanno in comune?

Ma è ovvio: sono fratelli.
Hanno lo stesso cognome, sono fratelli.
Fanno pure lo stesso lavoro (e sotto sotto qualche somiglianza stilistica ci si trova, dai, dai).

Certo, si obietterà che mentre Gabriella si chiama Ferri con la I, lui alla fine del cognome ha la Y, ma tutto si spiega: Bryan non è un Clodoveo Tyrynnanzy qualsiasi (benché la Y anche nel nome potrebbe farlo sospettare: da che mondo è mondo Brian si scrive con la I),
semplicemente è inglese, e quindi la Y, che non toglie che siano fratelli.

Che poi la Y a fine cognome esiste anche in Ytalya: vedi l'attore Riccardo Polizzy Carbonelli, che ha due cognomi ma una sola Y.
Chi è questo attore? Dai, è quello di Un posto al sole.


Il suo personaggio si chiama, guarda un po'... Roberto Ferri.

E tutto torna.

martedì 26 luglio 2011

In morte di una cantante che non amavo

Sarà che sono un musicista fallito, ma penso che fare un disco sia, nonostante le recenti rivoluzioni tecnologiche, ancora un grande traguardo, e venderne tanti è veramente il classico colpaccio, qualcosa da tenersi stretto e non mollare; e che se capitasse a me vivrei nel terrore di fare la minchiata che mi farebbe perdere una siffatta fortuna. Magari invece chi l'ha ottenuto vede più lucidamente e pensa che le cose importanti siano altre, e vendere dischi sì, ok, bello, ma ha altro per la testa che il successo (anche perché magari se lo merita, lo sa, e quindi considera naturale averlo).
Sarà perché sono alternativo/romantico, ma chi decide di buttarlo via per seguire una propria espressione artistica più personale e meno ossequiosa del mercato lo capisco, chi spreca ciò che sogna una buona percentuale di quei milioni persone comuni che a un certo punto si comprano una chitarra no.
Sarò represso io, e invece la vita si vive al massimo, nell'arte e nel resto, con coraggio - perché anche per l'autodistruzione ci vuole coraggio: male indirizzato, ma ci vuole (forse più che coraggio è spinta, quella che quegli artisti incendiari nelle opere e pacifici nella vita hanno incanalato tutta nelle opere, che invece i "maledetti" distribuiscono tra vita e creazioni, e che i mansueti in tutti i campi non hanno proprio).
Non ho mai amato Amy Winehouse: la prima volta che vidi il video di Rehab non sapevo se mi stava più sulle scatole lei, la canzone o quell'insopportabile "no, no, no", così mi passò subito la curiosità di indagare oltre: sarà che un certo tipo di black music non mi prende più di tanto - ma gli esperti dicono che i suoi dischi, nel genere, siano di alto livello, e mi fido.
Sarò limitato ma mi chiedo: come si fa a sprecare questo traguardo? Oh, non ci arrivo. È la stessa domanda sortami nel '94: posso capire che anche uno nella posizione di Cobain possa pensare al suicidio, ma nel momento in cui lo tenti e fallisci ciò dovrebbe dare una scossa e rimetterti nei binari di una reazione. E invece, un mese dopo l'ha rifatto, riuscendoci.
Sarò semplicistico, ma allora mi risposi, e lo penso ancora, che evidentemente i problemi erano grossi davvero, e che non era una richiesta di soccorso come sono tanti tentati suicidi, ma un proposito lucido. E anche nel caso di Amy W. penso che i problemi fossero enormi, com'è abbastanza noto e come hanno dimostrato i fatti. Ma era inevitabile il finale?
Sarò ingenuo, ma qui la domanda mi viene da farla al manager, quello che dopo il disastroso concerto di Belgrado ha cancellato il resto della tournée perché ne aveva piene le balle: ok, ti sta sputtanando tutto il lavoro, mette in una posizione allucinante te e tutti quelli che lavorano intorno a voi (perché le strutture che gestiscono certi cantanti di successo sono da multinazionale), d'accordo; ma sei sicuro che sia stata una buona idea, ad una che vive di musica ed eccessi, togliere la musica (sia pure temporaneamente), che un minimo di filtro tra lei e l'autodistruzione lo faceva, lasciandola da sola con gli eccessi?
Certo, si può rispondere che non si ha voglia di giocare continuamente a quel tiro alla fune che è la gestione di una persona così, perché di tiro alla fune si tratta: non hai risolto mai, bisogna tirare sempre e se molli un attimo succede il casino.
Sarò minimizzatore, ma per me una situazione del genere oltre che un tiro alla fune è anche una guerra, nel senso che come tale è fatta di continue battaglie e ci sta di perderne qualcuna: non vuol dire aver perso la guerra né che a quel punto l'unica sia mollare (tra l'altro, a Belgrado era quasi naturale perdere, essendo quella la capitale di un popolo che su una sconfitta ci ha fondato l'identità: poteva anche essere l'occasione di imparare come si trae forza dallo scorno).
Oppure no: non è detto che sia necessario insistere, si può anche decidere di lasciare le persone al destino che si sono scelte; d'accordo. Basta però essere consapevoli che il risultato può essere anche questo, ossia di perdersela del tutto (e tanti saluti ai suddetti che lavoravano per lei): siamo proprio sicuri che sia/fosse il migliore? E che non fosse meglio uno sforzetto, insistere nel tiro alla fune, piuttosto che arrivare a questo?
Sarò banale, ma per me si poteva evitare.
Almeno, più questo che la strage in Norvegia, che tra il merdoso clima cultural-ideologico odierno e la follia isolata si preveniva molto male.
Ed è un peccato: sarò (anzi, sono) un bolscevico senzadio, ma direi che i dementi integralisti sono MOLTO peggio dei tossici e degli ubriaconi. Decisamente.

martedì 14 giugno 2011

Non siamo abituati

Il sole di Roma, aria di vittoria, un angoletto splendido (perché dove sono nato la bellezza si spreca) tra l'altro nemmeno tra i più famosi, a un passo dal Circo Massimo del Gay Pride di sabato ma anche da quella San Giorgio al Velabro mezza distrutta da una delle bombe del '93: grazie al messaggio de Maurello che mi ha detto di venire a festeggiare/seguire gli ultimi risultati qui, sono uscito da casa ed eccomi.

Arrivare con questo clima e Killing In The Name dei Rage Against The Machine a palla è splendido, ma la scaletta riserverà altre sorprese, alternandosi con le comunicazioni dal palco di una vivacissima rastina.

Sul palco passano anche vari interventi: uno bello di Rodotà, altri dei comitati, nessuno di Rosy Bindi e Cesare Salvi passati a salutare in sordina (pare ci fosse anche Bersani, ma non l'ho visto).

E poi quello di Vincenzo Migliucci, che consegna la battuta più bella: "il referendum ci dice che l'acqua non può essere fatta oggetto di meretricio capitalistico!". Un poeta.
Mentre i fischi più forti tuonano quando sul maxischermo sintonizzato su Rainews (con l'audio periodicamente zittito per mandare la musica) compare La Russa, l'esultanza più forte si ha quando la rastina annuncia che ACEA ed ENEL (mi pare) in borsa hanno preso una bella botta:
evidentemente questa vittoria è anche un po' comunista, visto che 2 quesiti erano contro le privatizzazioni, uno per dire che i cittadini sono TUTTI uguali e un altro contro i profitti delle grandi imprese lucrati sulla pelle dei cittadini comuni (sono questi e qualcun altro i tratti del comunismo, non l'immagine delirante, cartolinesca e distorta che ne dà Sirvio ma anche, purtroppo, tanti di quelli che gli si oppongono).

Vittoria politica, altro che storie: e se è vero che i comitati hanno dettato l'agenda ai partiti, è anche vero che sono state le strutture di un parzialmente ravveduto PD e della CGIL che tanto hanno fatto - insieme ovviamente a internet - per la riuscita del referendum. Per tacere poi il fatto che la derelitta FDS quel poco che ha ancora come strutture l'ha messo in campo tutto.

E mentre il fratello di Maurello mi ricorda che fino ai tempi del PDS Botteghe Oscure sapeva i risultati prima e meglio del Viminale, arriva l'annuncio definitivo della vittoria: sottofondo, la versione dinamite di Bella Ciao dei Modena City Ramblers.
Nell'esplosione di gioia, durante l'annuncio, sempre per bocca della rastina risuona l'altra battuta memorabile:

"Abbiamo vinto! Non ci siamo abituati. Ma abbiamo vinto!!".

Io avrei da opinare sulla scelta di suonare subito dopo We are the champions, ma nell'euforia della VITTORIA, e ripeto VITTORIA, ci può stare.
Anche perché subito dopo il dj salva tutto con un colpo di genio: Tanto pe' canta', versione Nino Manfredi.
D'altronde siamo pur sempre a Roma.

Ecco qualche immagine e qualche spezzone della giornata in questo video:

martedì 7 giugno 2011

L'uomo è cacciatore

Negli anni in cui ho sfogato la mia prorompente maschialità nell'antica attività della caccia (quella - sommamente utile - alle zanzare), ciò che ho imparato per lo più ce l'ho scritto nei muscoli negli occhi e nei riflessi.
Però qualche piccolo consiglio da dare per iscritto l'ho appreso. Vualà:

1 Gli zampironi funzionano: quelle che non scacciano le rintronano, rendendole facilissime prede dei vostri giornali, stracci, palette, mazze da baseball, mani o qualsiasi altra arma abbiate deciso di usare.

2 Quando siete a letto e ve le sentite ronzare nelle orecchie, dopo lo schiaffo con cui le scacciate accendete la luce: quasi sempre sono sulla parete dietro al cuscino. A quel punto, afferrare l'arma che OVVIAMENTE avrete sul comodino e provvedere. Facilmente ce ne troverete anche un paio, e con un po' di decisione farete messe ricca.

3 Se le cacciate con le mani, prima bagnatevele: le malefiche sgusceranno con MOLTA più difficoltà (anche perché ultimamente sembrano fatte de gomma, peggio de Ronaldinho dei tempi d'oro quando riusciva a sgusciare tra tre difensori andatigli addosso con la precisa intenzione di trucidarlo).

4 Anni fa comprai un'edizione di Madame Bovary dei Fratelli Melita: era grande e, una volta tolta la sovraccoperta, il libro era bianco: se avete le pareti di quel colore, un libro grande e bianco è l'arma perfetta, non lo vedono arrivare e partono più tardi, e inoltre copre un'area di fuga più ampia.

5 Un libro bianco è buono anche perché lo si pulisce meglio dai resti delle malcapitate e dal vostro sangue che avevano ingerito: potete usare -delicatamente - una spugnetta senza rovinare il colore, la scritta o l'immagine di copertina. I fumetti con copertina lucida vanno bene lo stesso, benché poco efficaci ai fini dell'effetto sorpresa.

6 Colpire quelle un po' in alto è un po' come colpire di testa nel calcio: ginocchia flesse, corpo già in posizione e poi salto. In questo modo, librandovi nell'aria in posizione di colpo, oltre ad una splendida sensazione-Sandokan, per un secondo (ampiamente sufficiente per colpire) sarà come se aveste la zanzara alla vostra altezza. Botta secca, mi raccomando.

7 Sì, oltre alle pareti e ai libri tutto ciò sporca anche il karma.
Pazienza.

8 Per quelle sul soffitto usare la sedia, sennò l'ideale è una felpa un po' piegata e un po' arrotolata: i maglioni no, si aprono e non reggono l'aerodinamica.
La felpa, tirata anche qui con botta secca, fornisce una superficie d'impatto bella ampia e vi evita difficili colpi in equilibrio precario su impalcature di fortuna.

9 Se avete un armadio scuro guardatelo di lato: le malefiche si vedono.

10 Sconsiglio invece di andare in giro con appesi alla cintura gli scalpi delle prede uccise: farà pure maschio, ma fa anche tamarro macabro.
(capisco l'orgoglio, ma insomma...)

mercoledì 11 maggio 2011

Che tocca fa’?

(di solito è un’affermazione sconsolata, qui la pongo come domanda).

Dico, che tocca fa’, mi chiedo, per essere governati come si deve (stavo per scrivere “come Cristo comanda”, ma in Italia non mi pare il caso)?
Rimuovere chi governa male? Pare facile: è quello, certo, ma come in arte, il “come” è importante quanto il “cosa” e lo determina anche. In passato qualche malgovernante lo abbiamo rimosso, sì, ma con quali esiti?
Per rimuovere i Borboni dal Sud ci sono voluti volontari di popolo e un esercito esterno: miglioramento, ma dopo 150 anni dire che al Sud si può esultare sarebbe troppo.
Per togliersi dalle balle Mussolini, invece, si è provata una variante dello stesso cocktail: rivolta popolare e invasione straniera. Il secondo elemento del mix, però, ci ha portato 50 anni di DC.
Per prendere a pedate costoro, allora, col voto non è andata bene (se non parzialmente e localmente); una volta applicata la soluzione alternativa dei giudici nel ’92, però, il risultato si è visto (è quello che ci fa porre la domanda).
Quindi abbiamo provato di nuovo a toglierci daico il nefasto risultato-che-si-è-visto col voto, di nuovo; ma l’effetto è durato poco e non ha portato significative inversioni di rotta.
Dunque? Una volta provate tutte, che tocca fa’?

"Una bella rivoluzione di popolo VERA!", diranno i miei 25 lettori - e nel cuore lo direi pure io.
Ma è una soluzione che Asor Rosa ha scartato in un editoriale nel quale diceva che non ce ne sono le condizioni (e vista l'ignoranza diffusa temo abbia ragione, lì e quando dice che sarebbe anche peggio).
Era lo stesso editoriale nel quale, da una serie perfettamente logica di argomentazioni (in sintesi: se attraverso il rispetto delle regole democratiche si finisce per svuotare la democrazia, allora per salvare la democrazia bisogna ricorrere a una soluzione antidemocratica), il nostro faceva scaturire una soluzione illogica (una sorta di colpo di stato delle forze dell’ordine).

Naturalmente la quasi totalità dei commentatori ha contestato l’articolo concentrandosi sulla conclusione inaudita, con una modalità di ragionamento al contrario: siccome ho deciso (magari a priori) che la conclusione è sbagliata ALLORA è sbagliato anche il resto. Evitando così di rispondere alla prima parte, che per molti sarebbe stato fonte di serie difficoltà e di imbarazzo.
Così hanno tralasciato invece il bello dell’articolo, ossia le sfide logiche poste anche da una conclusione che non piace neanche a me.

La prima sfida era semplice: le argomentazioni sono queste, e tornano; l’unica soluzione che ne consegue è questa, ed è insensata; e dunque?

(il che mi fa pensare che AR stesse facendo una richiesta: “a me di conclusione viene questa, voi ne avete di migliori?”)

Ma questa ne implica e presuppone una più generale, sul senso complessivo dell’articolo; questione che si può definire aristotelica, nel senso che a questo punto i casi sono tre:

a) Da qualche parte, nella catena del ragionamento, c’è un passaggio sbagliato, o un argomento omesso, quindi è normale che la conclusione sia insensata.
b) Il ragionamento è giusto ma la conclusione non è l’unica possibile: bisogna dunque trovare l’altra o le altre.
c) Il ragionamento è giusto e le conclusioni pure.

Non si esce da queste tre alternative (anche quelli partiti dalla conclusione per criticare l’articolo, di fatto hanno abbracciato l’ipotesi a) .
Personalmente, non condivido la a) ma tenderei a rifiutare anche la c): soprattutto perché temo che qualche potere forte ne approfitterebbe per stabilire un ordine ancora più repressivo, invece che restaurare la democrazia come auspica Asor Rosa.

Il quale, probabilmente si ricorda male gli anni ’70:
è vero, infatti, che nel ’74 finì la lunghissima dittatura portoghese grazie ad un colpo di stato militare (dopo il quale furono indette elezioni che gli stessi militari, se non ricordo male, persero: più democrazia di così…); ma quelli erano, ebbene sì, militari sessantottini (già: c’era stato il ’68 anche in Portogallo. Poi riparliamone male…), in pratica comMunisti;
mentre negli stessi anni, in Italia, settori delle forze dell’ordine e dei servizi segreti davano prova di tutt’altro orientamento, sia ideologico che di rapporto con le istituzioni democratiche – ed è questo un altro motivo per il quale la soluzione proposta da Asor Rosa mi convince zero, forse il principale (non credo infatti che rispetto ad allora abbiano cambiato significativamente mentalità).

E dunque probabilmente è vera la b) e dobbiamo raccogliere la sfida e capire quale sia la soluzione possibile, capire appunto che tocca fa’ (domanda che, a quanto pare, nella storia dei movimenti ricorre spesso, vedi Cernysevskij e Lenin: che sia diventata "che tocca fa’ " dice tanto su dove siamo).

Però va detto: un articolo che fa incazzare tutti, da Giuliano Ferrara agli anti-imperialisti fino a quelli che si divertono a provocare facendo gli “scorretti” sempre e comunque, qualcosa di buono ce la deve avere per forza.
Non si scappa.

giovedì 21 aprile 2011

E sciòt ov naintis

Era ovvio che, dopo il revival anni '80, sarebbe arrivato quello '90: era logico e scientifico, bastava aspettare.
I segni sono nell'aria già da un po'; quindi abbandoniamoci alla rimembranza:

Kaa... rmaaa... poo.. liiis... auuesdismèn... - ueuierbòrn uidineanauaricciòder - lodappongànz enbringhiofrenz... - amzotàird... ovplein... pleiuiddisbouenerrou - strizz lacheggiàngol... socòll depolìiis - ghivideuei ghivideuei ghivideueinnau - CHILLININDENEIMOV!!! - aiuosbornindedèsert... - agaddepòison... agatdderèmedi... - efuendinnìd zzefrendindìd... - gueeiis faaiir, gueeiis faaiir... - een iuuu maaan biii eee viooo rr - ameluserbeibeh, souàdonciuchillme - eibbòi... eighérl... - iuuuuuuuu armaieeeeeeee ngel...

Dovrebbe essere facile beccarle tutte, no?
To be continued...

(Grazie a Cesare Zowie per l'ispirazione)

giovedì 7 aprile 2011

Una guida per i volenterosi

Un tre settimane fa circa, sul mondo letterario italiano e sulla storia della poesia umana si è abbattuto il ciclone silente del mio esordio scrittorio.
Questo:



Dico ciclone silente perché se al momento ne circolano dieci copie è grasso che cola, né credo che a breve l'opera, benché di pregio, si venderà quanto i raudi in un capodanno partenopeo.
Ma ciclone perché, sebbene l'albero che cade in una foresta senza persone di fatto non faccia rumore (detto zen, più o meno), l'albero è comunque caduto, il libro esiste e amen: la storia letteraria e culturale dei primi anni 2000 d.c. dovrà farci i conti.
Vogliamo aiutarla?

Per i volenterosi, e i generosi, e i quantosietebuonigraziegrazie /cheiddiovenerendamerito, appronto questa piccola guida, che risponde alla domanda:

COME ENTRARE IN POSSESSO DI UNA COPIA DEL LIBRO?

Ecco i sistemi:

-entrare in casa mia e fregarmi una delle 4 copie destinate a promozione che mi sono rimaste (o, PEGGIO, la mia personale).
Facciamo di no, dai.

-acquistarlo online qui:

http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=529

(tenete conto che si paga solo in contrassegno: carta di credito e Paypal arriveranno più avanti)

-per chi è all'estero, il contrassegno lo fanno ma costa di più. Potete mandare perciò un'email all'editore e riceverete le coordinate per fare un bonifico, e la spedizione sarà più economica.

-scassinare la sede di Arduino Sacco Editore e fregare una copia dal magazzino
(ma anda' a scassina' Arduino / è tutt'altro che carino).

-andare in una libreria qualsiasi e ordinarlo: glielo spediscono.

-aspettare una 20ina di giorni a partire da oggi che scrivo, poi recarsi presso una delle seguenti librerie e, se non è andato esaurito (vabbè), acquistarlo lì:
+Tra le righe, Pisa
+Libreria Del Testaccio, Roma
+La Gaia Scienza, Livorno
+Martelli, Firenze
+Farenheit 451, Viareggio
+Lucca Libri, Lucca (lo dice il nome)

-andare a consultarselo presso la biblioteca della Normale di Pisa:
ebbene sì, ci sono! 863.7 P284! Orgoglio maximo! Voglio dire: ci ho lavorato 9 anni da precario in quella biblioteca, mica cazzi!
È col petto gonfio, perciò che mostro la scheda:



-venire alla presentazione che farò a Pisa sicuramente, a Roma me piacerebbe/mo vediamo, e prenderlo lì
(questa mi sa che è la più semplice: tanto in Italia a prenderlo lì ci siamo abituati, no?):
in quel caso vi beccate anche la dedica con rima personalizzata (ma se scegliete un'altra modalità d'acquisto e poi vi presentate con il liBBro, alla presentazione o altrove, l'avrete lo stesso).

In tutti i casi, grazie in anticipo di cuore a todos; e buona lettura.

lunedì 21 febbraio 2011

I quinari sdruccioli

A Sanremo abbiamo sentito tra le altre una canzone di Albano che aveva le strofe di quinari sdruccioli con settenario finale in contrappunto.
Se andiamo a contare sillabe e accenti di questa definizione, come se fosse un verso di cui dobbiamo individuare il tipo, vediamo che "quinario sdrucciolo" è effettivamente un quinario sdrucciolo.
Per quanto riguarda i settenari finali delle strofe carrisiane, non so se sia la definizione corretta, ma avendo l'accento sulla terza sillaba li definirei "settenari anapestici".
Andando anche qui a contare, possiamo dire che "Settenari anapestici" è un settenario anapestico sdrucciolo. E "settenario anapestico sdrucciolo" cos'è?
Più semplicemente, un decasillabo sdrucciolo; ma volendo anche un decasillabo anapestico sdrucciolo.
Ora, nella seconda ipotesi "decasillabo anapestico sdrucciolo" è un semplice endecasillabo sdrucciolo; ma nella prima, "decasillabo sdrucciolo" cos'è?
Un bel settenario anapestico sducciolo, come l'espressione "settenario anapestico".
E il cerchio si chiude, no?

sabato 19 febbraio 2011

Il Fe-stivale: Sanremo 2011

Qualche flash da un'edizione di Sanremo che, come tutte quelle svoltesi da quando lavoro al serale, ho guardato a spizzichi (ma tanto lo facevo anche prima).

- Molto presenti le chitarre, quest'anno; e ovviamente Fausto Mesolella, che come chitarrista è grandioso, si è presentato ad accompagnare Tricarico sedendosi al piano. Niente da fare, la classe non è acqua.

-Buffo: stasera ad un certo punto sul palco c'erano tre persone che hanno fatto films ma UN SOLO attore.

La Canalis si mette a fare l'interprete per De Niro, ma non sa cosa vol dire "gentrified" (né lo capisce dal contesto, né lo sa Morandi): e amen, ora come ora non saprei trovare al volo una parola adatta, benché si capisse che significava che il quartiere in cui è cresciuto De Niro prima era proletario poi è diventato meno povero.
Ma una che è fidanzata con un attore americano forse dovrebbe sapere che "movie" ha anche un plurale, "movies"...

-Ieri c'è stata la serata patriottica, con canzoni storiche.
Ma come mai nessuno ha cantato questa, che era la più bella?



Come mai nessuno ha cantato questa, particolarmente lucida? (la risposta me la immagino...)



Come mai nessuno ha cantato questa?



Beh, dell'assenza di questa possiamo farcene una ragione, dai.

E comunque, avrei preferito:

-a "Bastardo", "Bastardi" di Faust'o;
-a "Il mio secondo tempo", Not a second time dei Beatles;
-a "Arriverà", "Riderà" di Little Tony;
-a "L'alieno", che pure era bella, "Loving The Alien" (appunto) di David Bowie;
-a "Amanda", "Amandoti" (questa versione, l'originale);
-a "Tre colori", non male manco questa, comunque avrei preferito Le tre bandiere;
-a "Vivi sospesa", preferivo perfino "Vivi davvero" di Giorgia;
-a "Il vento e le rose" NON avrei preferito "Io, tu e le rose";
-a Yanez, anche questa apprezzabile, avrei comunque preferito la leggendaria E io ero Sandokan.

Alle altre ne avrei preferite altre, benché Vecchioni e i La Crus non male.

lunedì 14 febbraio 2011

La manifestazione del 13 febbraio e una modesta proposta di slogan

Oggi sono stato alla manifestazione "Se non ora quando?", domanda cui già amiche/amici con sale in zucca hanno risposto "prima, sempre" (non in polemica, ovvio, ma come rilancio).
Vorrei cedere al mio umorismo malato e soprannominare, scorrettamente, la manif di oggi come "'U curteu d'u pilu", ma temo che le mie amiche deciderebbero di smentire il soprannome di sesso debole a suon di nerbate sulla mia schiena, per cui lascio perdere (un po' come se mi fossi aggirato per la manifestazione dicendo "tu sei contro la mercificazione del corpo femminile, vero? Allora con me ci vieni gratis?": sembra Vergassola ma in realtà è postmoderno, ma credo che non sarebbe stato apprezzato lo stesso).

Partecipazione numerosa: per chi conosce Pisa, la coda del corteo lasciava il comune per salire sul Ponte di Mezzo e la testa era già alla Soprintendenza, su Lungarno Pacinotti.
Era il primo corteo per la piccola erede (per forza, ha neanche 15 mesi), ma non certo per me: ed essendone pratico, la cosa che ho notato era che oggi, almeno al corteo pisano, non si cantavano slogan.
Sarà stata la pioggia, o la voglia di fare un corteo diverso, o la trasversalità: ma è volato solo qualche coro di "DIMISSIONI!" e qualche tentativo di cantare la canzone "La lega" (o "Sebben che siamo donne", che qualcuno mi dica il titolo esatto ché non lo so).
A parte i begli interventi finali, questa degli slogan è la cosa che mi ha colpito di più.
E al riguardo:

1) Nel corteo ho sentito dire che chiedere le dimissioni era una strumentalizzazione della manifestazione (da parte della sin. contro Sirvio).
Allora, a parte che quella della "strumentalizzazione" è una vecchia accusa idiota da ciellini senza argomenti che sento dall'85, almeno, e come tale per me squalifica a zero chi la pronuncia, dico: ok, il maschilismo esiste anche a sinistra, d'accordo, ma nel criticarlo in generale e dappertutto che facciamo, lasciamo al governo chi ne fa un perno della propria cultura, ovvero quello psicocumenda che proprio sull'imbarbarimento culturale ha costruito la sua ascesa? Nel più c'è il meno, no?
2) E quindi rilancio, e oltre alle "dimissioni" io propongo le diSmissioni: giusto come rottami puoi riutilizzare 'sti dirigenti (del paese verso la rovina).
3) Personalmente, una canzone che dice "e la Lega crescerà" non l'avrei cantata: sa di autogufata che si autoavvera...
4) Io avevo aderito all'appello dello spezzone Ombrelli Rossi (riprodotto anche qui), che nell'analisi metteva insieme moralismo e sfruttamento in un modo che mi piaceva.
Ma siccome non imparo nulla, lo slogan che avevo pensato per supplire alla loro mancanza era questo:

NON CREDO CHE IL SIGNORE
UNO COME TE UNGA:
SE TE PIJA SATANA
ALTRO CHE BUNGA-BUNGA!

Che dite, troppo moralista-cattolico, eh?

venerdì 14 gennaio 2011

Io Marchionne lo capisco

Se andate dal proprietario di un negozio di panetteria, il quale ha appena scoperto che invece di 100 pagnotte al giorno ora ne vende 74, a dirgli che un'ottima soluzione sasrebbe andare dal suo fornaio, imporgli meno pause, fargli produrre più pane e se fiata licenziato a calci in culo, molto facilmente questo negoziante vi dirà: "Mmm, interessante, lo farei molto volentieri; ma che minchia c'entra col calo delle vendite del pane?"

Giustamente, il proprietario del negozio penserà che ne so, a cambiare gli ingredienti, a vendere anche altro, a farsi più pubblicità, a qualche sconto: a altro, se ha un cervello.

Per questo mi riesce difficile capire Sergio Marchionne e le sue soluzioni dannose e minchion(n)e; a meno che, proseguendo con la similitudine, non voglia togliersi dalle balle il fornaio.

D'altronde, però, invece lo capisco: per rinnovare la ricetta del pane, cioè per innovare la produzione, ci vogliono idee nuove. Ma lui sa benissimo che l'Università la massacrano, metà di quelli che ne escono vengono sbattuti a fare lavori socialmente umili che altro che laurea, sarebbero in grado di svolgerli col 15% del cervello e 40 di febbre (anche perché a casa in malattia non ci possono stare davvero); un'altra bella infornata viene mandata all'estero (con implicita preghiera di rimanerci) e degli altri pochi metà sono incompetenti raccomandati: chi gliele dovrebbe dare, a Minc... Marchionne le idee nuove? 'ndo' le pesca?

Per questo, e anche qui lo capisco, ricicla idee vecchie - ottocentesche * per l'esattezza - sulla gestione della fabbrica: non ha alternative, poretto, quindi prova a spacciare per nuove idee che sono più vecchie dei suoi maglioni (e ce ne vole..).

Sergino è nei casini, poche storie: doveva investire 20 miliardi, ne ha investito invece circa uno e mezzo. Vuol dire che gliene mancano più di diciotto; e diciotto miliardi e rotti sono veramente una vagonata de sordi, se te ne mancano così tanti so' cazzi, altro che pagnotte e cornetti.

Sarà per questo che compra maglioni vecchi?


* Ma qualcuno parla anche dell'epoca delle Piramidi.

giovedì 6 gennaio 2011

Tigri di cartone

Anni fa, mi pare tra il '99 e il 2000, a un certo punto ci fu una notizia che fece un po' di clamore: Tom Waits era entrato nella classifica dei 10 dischi più venduti (parlo degli album: fosse stato un singolo sarebbe stata clamorosa davvero, visto che ne fa pochi e che ha un pubblico più da LP).
Tom Waits, il cantautore di nicchia, in classifica in Italia? Ambelivebbol!
C'era già stato il caso dei CSI poco tempo prima, ma lì poteva sembrare che stessero raccogliendo i frutti di 15 anni di carriera; e poi girava voce che i lettori di codici a barre avessero fatto confusione tra il loro disco e quello dei Verve.
Ma qui nessuna confusione: il buon Tom era tra i primi 10. Com'era stato possibile visto che il disco, pur essendo il primo da un po' di tempo e quindi spinto come un evento, non era esattamente, come al suo solito, potabile musichetta da radio e supermercati?
Semplice: aveva venduto le solite 20.000 copie (mi pare: sto scrivendo tutto a memoria) che vendeva di solito in Italia. Erano gli altri dischi, quelli delle "star", che non vendevano una cippa - o comunque meno di quanto l'enorme spazio ad essi riservato sui media, musicali e non, avrebbe fatto supporre.
Quel pop ipergonfiato, le boy-band da schiaffi, quella massa infinita di scemenzuole moleste in gran parte vendeva poco: bastava un solido Tom per raggiungerli senza problemi.
(i superclassicisti rock di Buscadero fecero notare - immagino con un pizzico di sacrosanta goduria - che certi vecchioni avevano vendite magari non eclatanti ma solidissime, che per esempio gli Stones piazzavano sempre il loro buon numero di copie e che quelle del Boss non erano calate nemmeno quando aveva pubblicato un quadruplo)
Si poteva tuonare contro napster quanto si voleva, ma tante di quelle star da classifica non erano solo musica di plastica dietro facce di plastica: erano perfino star di plastica (o "tigri di cartone", come diceva Mao quando esortava a non aver paura del nemico capitalista), visto che in realtà nemmeno vendevano, non riuscivano a smerciare nemmeno canzoncine facili facili, costruite apposta e spinte a duemila ovunque - dove sarebbe arrivato Tom Waits con un quarto della pubblicità che hanno avuto loro?.

Sta storia mi è tornata in mente due volte, di recente.
La prima è stata quando il primo maggio, consigliato dagli amici di sentireascoltare e insieme a loro, sono andato a Bologna al concerto dei Brian Jonestown Massacre: gruppo USA fieramente indipendente, con un nome che sembra fatto apposta per rimanere sconosciuti, ha riempito il Covo lasciando fuori, dicono, un numero di persone QUATTRO VOLTE superiore a quelle che il locale aveva accolto - e vi assicuro che tanto piccolo non è. E fino a poco tempo fa i loro dischi non avevano neanche un distributore italiano.
Mi sono chiesto cosa vuol dire "famoso", e la risposta forse è che bisogna tornare ad avere, di certi media, l'opinione che si aveva di Sanremo negli anni '70: zero.

La seconda è stata quando ho letto che pare che le pubblicità con Belèn non aiutino a vendere i prodotti che reclamizza. Pure lei sembrava la superdiva/dea, quella talmente bella e talmente figa che doveva PER FORZA comparire in un numero fastidioso di campagne pubblicitarie, e invece altra tigre di cartone, a quanto pare. Ambelivebbol quasi quanto Tom Waits e i Brian ecc...
Parrebbe facile dire ora varie cose:
1) che è bella sì ma che nei toni delle lodi si è un po' esagerato;
2) che chi c@%%0 pensavano di divertire quelle pubblicità con De Sica? (domanda sciocca: quelle con Bonolis e l'altro che neanche nomino vanno in onda da anni…)
3) parrebbe anche facile infierire ora che che è stata detronizzata dallo stesso dio denaro che l'aveva messa sul trono dell'immaginario collettivo;

ma non è quello che mi interessa; anche perché mi sta simpatica da quando, fidanzata con Borriello ai tempi in cui lo beccarono positivo al doping, invece di mollarlo e zitta si schierò pubblicamente a sua difesa dichiarando ai giornali che in realtà la colpa era di una pomata vaginale anticoncezionale che usava lei (pare a causa dell', ahem, impeto del calciatore in certi momenti).
Ora chissà se le faranno fare ancora Sanremo alla nostra simpatica tigretta di cartone: visto l'andazzo me lo auguro, potrebbe essere un ottimo aiuto per rimettere al suo posto quel baraccone festivaliero che è il re di quei media che con la realtà hanno lo stesso rapporto che ha un eroinomane sotto botta tagliata a detersivo scaduto: potremmo scoprire un'altra tigre di cartone...