mercoledì 21 luglio 2010

9 anni fa, Bob Dylan

Il lavoro che facevo nel 2001, e che avrei fatto ancora per quasi tutti gli anni '00s, non mi consentì di andare a Genova nessuno dei 3 giorni. Però la sera del secondo riuscii, con fidanzata ed amici, ad andare a La Spezia a sentire Dylan.
Durante il tragitto telefonai all'amico/coinquilino Sergio, che mi diede la notizia di Carlo Giuliani.
Il resoconto del live che scrissi per il sito napster.it raccontava cosa volle dire seguire il concerto con quella notizia in testa.
Lo ripubblico (il sito, come detto, non c'è più) come lo scrissi: la formattazione l'ho corretta, le ingenuità no.



(l'immagine l'ho presa da Maggie's Farm, IL sito italiano su Bob Dylan)

BOB DYLAN sul palco
La Spezia 20 luglio 2001

Bob Dylan continua a suonare in giro per il mondo. Anche quest'anno il suo "Never Ending Tour" ha fatto tappa in Italia. Tra le altre date, La Spezia 20 luglio. Qualcuno aveva detto che questo concerto era stato organizzato per disturbare le manifestazioni di Genova contro il G8, ma sembra un'ipotesi assurda: il pubblico infatti è decisamente numeroso né sembra troppo "genovese". L'atmosfera che si respira è positiva e gioiosa, come se nessuno avesse sentito la notizia della morte di Carlo Giuliani avvenuta solo poche ore prima.
Mentre aspettiamo che inizi il concerto mi chiedo se Dylan dirà qualcosa al riguardo, lui che notoriamente ai concerti apre bocca soltanto per cantare, non dice mai neanche "buonasera" o "arrivederci" e per ringraziare fa gli inchini; infatti non ci spero molto.
Dylan si presenta sul palco accompagnato da basso, batteria e due chitarristi, formazione country rock essenziale. Infatti gli album "country" saranno piuttosto gettonati nella scaletta della serata: All Along the Watchtower, Wicked Messenger, Tonight I'll be staying here with you e Country Pie.
La musica scorre bene, il gruppo funziona, passano classici come Like a Rolling Stone, Rainy Day Women 12 & 35, Love minus zero/No limit e Highway 61 Revisited e il pubblico risponde con calore. Ma è impossibile ascoltare Dylan e le sue canzoni dalle parole pesanti e pensanti senza fare associazioni mentali con quanto è successo nel pomeriggio pochi chilometri più a nord. Lui, come previsto e come d'abitudine non dice nulla; le canzoni più impegnate del suo repertorio, però, ci sono quasi tutte. Che sia questo il suo modo di commentare i fatti di Genova, usando le canzoni invece delle parole? La mia impressione è questa, chissà se è così.
Il secondo brano in scaletta è la storica The Times They are a-changin, e viene da pensare che in realtà non cambiano per niente: come nel '60 scontri a Genova, come allora la morte in piazza. E se i tempi cambiano, evidentemente non cambiano mai abbastanza, o non necessariamente in meglio.
Parte Masters of War, l'invettiva contro i potenti della terra, sembra scritta apposta per il vertice del G8 e invece ha quasi 40 anni; suona I shall be released; suona Chimes of Freedom, e oltre al perché del destino di Giuliani ci si chiede anche quando suoneranno mai queste campane della libertà. La risposta, ovviamente, "soffia nel vento": Blowin' in the Wind, anche lei in scaletta.
Ma anche quando suona canzoni non politiche le parole hanno echi sinistri: Tangled up in blue, avvolti nella tristezza o, peggio, Knockin' on Heaven's Door: non si possono ascoltare versi come "posa quelle pistole, non posso piu' sparare" senza una stretta al cuore.
Il pubblico invece li ascolta e canta tranquillamente, con gioia, dietro al ritornello. E alla fine è anche comprensibile: al di là di quello che le canzoni evocavano, questa è una serata di ottima musica,che ha il potere di lenire in qualche modo le ferite e in una certa misura di consolare.
Esco con due pensieri in testa: il primo è che è strano che questo compito di consolare e di distrarre lo svolga proprio Dylan, che per primo fece entrare esplicitamente nelle parole del rock la storia, la politica, quello che succedeva nella società e nel mondo. L'altro è il titolo di una sua vecchia canzone: "Va tutto bene, sto soltanto sanguinando".

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