mercoledì 9 gennaio 2013

Buon Compleanno, Duca!

Breaking news!!!!
(stavo per scrivere Breaking Glass)

Nuovo disco per David Bowie: The Next Day uscirà a marzo | News | SENTIREASCOLTARE 1.0


Evidentemente stimolato dalla poesia che gli ho dedicato qui, Bowie ha pubblicato oggi la notizia del nuovo album e il video del nuovo singolo (nonché la canzone stessa in versione digitale, acquistabile sui soliti canali):


Una sorpresa vera, visto che non pubblicava praticamente nulla di nuovo dal 2003 dell'incerto Reality, il quale peraltro si chiudeva con quel capolavoro di Bring Me The Disco King, il cui testo era uno struggente e magnifico addio che ben avrebbe chiuso la sua storia discografica (e l'infarto avuto verso la fine del tour seguente ha rischiato di piegare la vita all'arte: morire sul palco dopo aver inciso il proprio estremo saluto).

Già, l'infarto: da allora silenzio, tranne sporadiche apparizioni live e collaborazioni più qualche foto rubata che lo mostrava casalingo. Era andato in pensione? Si dedicava solo alla pittura? Era gravemente malato, come circolava voce, anche più che dei postumi dell'infarto? E il post sul blog di Robert Fripp nel quale il chitarrista parlava di Bowie al lavoro sulla musica andava preso sul serio?

Dieci anni di domande, che investivano non solo la carriera di Bowie ma anche qualche questione più generale sul rock.
Da una parte ci si chiedeva questa pausa che senso avesse: è come Billy Joel, che quando pubblicò il suo disco di pezzi strumentali per piano confessò che non scriveva una canzone da 10 anni? O come gli Stones i quali, seguendo quella legge per cui col procedere della carriera i dischi si diradano, avevano fatto passare 8 anni tra Bridges To Babylon (1997) e A Bigger Bang (2005)? Loro però in mezzo ci avevano messo un'antologia e una tournée, e segnali di vita comunque ne davano; Bowie? Difficile da capire, manca una casistica (penso da anni che il rock'n'roll sia ancora troppo giovane per fornirne una con leggi riconosciute su cosa fa un cantante rock da vecchio: se il r'n'r will never die, come da profezia di Neil Young, avremo tempo e ci vorrà il tempo di veder morire di vecchiaia 3-4 generazioni di rocker per poter capire come funziona).
Lui sembrava semplicemente aver smesso, anche per un motivo legato alla poetica e al suo modo di fare come l'aveva sempre messo in atto.
Nel senso che questa poetica era fatta di un mix tra la sua bravura come autore di canzoni e un fiuto abilissimo nel cogliere le tendenze più interessanti che si agitavano nell'avanguardia, intercettarle quando ancora erano note solo ai più attenti, rielaborarle a modo suo e renderle popolari al mondo, indicandole come strada possibile (vedi Low, per dire il più eclatante, ma anche l'operazione sulla black music di Young Americans o il modo in cui, dietro alla facilità spaccaclassifiche di Let's Dance insinuava elementi new wave - ma quasi tutti i suoi '70 seguivano il copione).

Questo aveva fatto sì che i momenti peggiori della sua carriera fossero quelli in cui la penna era carente, ma soprattutto quelli in cui arrivava in ritardo sulle tendenze e/o non interveniva nel processo di creazione dei dischi con i suoi noti stakanovismo e intuito, come per sua ammissione succedeva negli anni '80 (decennio passato a portare le canzoni ai produttori facendo lavorare loro, mentre lui andava alle feste; e fatte poche eccezioni non erano nemmeno le migliori canzoni).

Di qui l'importanza della tanto vituperata esperienza Tin Machine, con la quale invece tornava in sala prove, in studio, a discutere e a creare, come quando registrava Ashes To Ashes litigando col batterista per farsela suonare in controtempo come voleva lui, e come farà a partire dal primo album post-Tin Machine, Black Tie White Noise, nel quale il produttore Nile Rodgers (quello degli Chic) lavorerà sulle direttive di Bowie e non regnando sovrano come ai tempi dell'altra collaborazione (su Let's Dance).
Coi Tin Machine, poi, ricominciava a guardarsi intorno, cogliendo nell'aria che arrivava dagli USA una voglia di ritorno al rock (che tra l’altro lui stesso aveva manifestato - e fallito - con Never Let Me Down, 1987): il gruppo non coglie gli elementi di novità che il grunge portava con sé, ma sta di fatto che una delle popstar simbolo degli anni '80 vira al rock aggressivo due anni prima che Nirvana e Red Hot Chili Peppers riportino in classifica le chitarre elettriche, il fragore e la durezza.

Da lì in avanti, pur non tornando a essere un faro come negli anni '70, sarà capace di cimentarsi bene con le tendenze circostanti: il jazz funk del succitato Black Tie (1993), l’ispirato e personale mix tra il proprio stile e l'elettronica del momento nel capolavoro 1. Outside (1995) e quello più "normale" del successivo Earthling (1997, qui la scrittura bowiana e il suono del momento si accostano bene ma ognuno per conto proprio, senza l'efficace fusione del precedente).

Da lì in avanti, benché non sia agevole parlare di uno "stile bowie" dopo tutti i cambiamenti e le sperimentazioni della sua storia, torna ad una sua classicità pop-rock, che mantiene in filigrana vari elementi del suo passato (soprattutto in Heathen, 2002, dove perfino i suoi anni ’80 risuonano positivamente qua e là; meno interessanti e riusciti Hours, 1999, e Reality): e lo fa non solo perché una certa "tranquillità" a una certa età sia endemica (e perdonabile, visto cosa aveva dato prima), ma appunto perché, avendo sempre funto da radar delle nuove tendenze, si aveva l'impressione che nemmeno lui sapesse orientarsi in un mercato discografico e in un mondo musicale sempre più ipertrofico e frammentato, che aveva praticamente rinunciato a una gerarchia tra correnti principali e secondarie cui rapportarsi in qualche modo, sia pur polemico. Come se non sapesse scegliere da quale delle mille tendenze partire (né era il caso, per vari motivi, che si accodasse al revival 80s che dominava nel decennio).
Al riguardo, poco tempo fa aveva circolato anche la voce di un suo interessamento alla musica cinese (che come sguardo in direzioni inattese non sarebbe stato manco male…), bissato poco tempo dopo da analoghe dichiarazioni da parte di… Baglioni (fare tendenza, sia pure così, evidentemente è un vizio).

E così si arriva al suo 66esimo compleanno con la notizia bomba del nuovo singolo e del nuovo album (e conseguente rinnovo del sito, abbandonato per anni a una mal invecchiata grafica Reality-style), bomba soprattutto perché arrivata a ciel sereno, cosa inaudita nell'epoca dei leaks e della comunicazione globale istantanea e ennesima dimostrazione di autonomia; e così qualche risposta è arrivata.



I sound and vision del nuovo singolo dicono già parecchio, proviamo a riassumere per punti:

1) Lo stile è quello pop da star adulta, realizzato con gusto e ispirazione, che ricorda un po' il cabaret decadente della vecchia The Shadow Man: non sarà un nuovo classico ma rispetto a come il pop lo faceva negli ’80, o a Reality, qui c’è un’altra eleganza. Niente musica cinese o incursioni nel dubstep (ma su questo bisogna aspettare l’album), solo un rifarsi al suo stile con mano disinvolta, le sperimentazioni come echi lontani ma impliciti; un procedere senza un’audacia che nessuno pretende più ma con classe.

2) C’è anche arguzia: il titolo, Where Are We Now? sembra ammiccare alle domande che tutti si sono posti negli anni del suo silenzio e il testo, evocando Berlino, ammicca invece a una fase ben nota e illustre della sua carriera.

3) Nella vaga malinconia retrospettiva che era già del concept di Hours (la cui copertina e il primo video erano basati sul cantante che guarda il suo doppio più giovane, qui ripreso nell'accostamento tra il suo volto anziano e quello della ragazza proiettati su dei supporti che ricordano quelli dell'Earthling tour), il clip di questa canzone è quello che avrebbe dovuto fare Lou Reed per Who Am I, ossia un video-confessione a cuore e rughe aperte, magari in b/n, col testo che scorre, come accade qui: sarebbe stato l’ideale per il doloroso e fiero bilancio esistenziale tracciato nel testo di quel capolavoro tardo del musicista di New York. Magari Bowie non pensava a questo, ma intanto ha colto l’occasione non sfruttata dall’amico.

4) Per chiudere sul faceto, poi, in questo frangente, non posso non ricordare l’utente del forum di www.velvetgoldmine.it detta "stellina", la quale, in occasione di una cena con cover band per il compleanno del Duca disse “qui tutti mi dicono buon compleanno: ma quale compleanno? Oggi è NATALE!” (aggiungendo poi “e dunque il 15 gennaio è Capodanno”).
Una vaga idolatria, ma se ha ragione lei il regalo ai fan (o: devoti) lo ha portato.

E dunque ci siamo: a marzo sapremo tutto, nella speranza che ci scappi anche qualche concerto. Nel frattempo, buon compleanno, Duca!
(o: buon Natale).

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